FAVOLA METROPOLITANA
(N.Pisu/N.Pisu)
Quando il mugnaio s’impiccò
il bambino con la barba
fumava cristalli di crack
sulle scale del metrò
sua madre era distratta
dita di velluto
intrecciava crisantemi
ferma alla fermata
Con le mani incrociate sulla pancia
pensava è qui, è qui che comincia
Non l’avrebbe aiutato
la sua gonna aperta
come un paracadute
quando sarebbe atterrato
né il Sinti senza guinzaglio
che faceva l’acqua in vino
e mondava i lebbrosi
come il grano col vaglio
Dal suo ulivo millenario
scrutava un mondo, un mondo immaginario
Nella fossa profonda
con le labbra di pane
e il vestito fradicio
una ragazza bionda
in una cassa piena di pornografia
gli asciugò i piedi coi capelli
sul far della sera
Con le mani premute sul petto
gli mostrava, gli mostrava un segreto
Il bambino provò a volare
e aprendo le braccia
si ritrovò tra i crisantemi
e le mammelle dell’amore
il mugnaio imbrattato di bianco
si scosse gli abiti
poi salì su una sedia
e si sentì stanco
Con le mani stringeva la fune
in verità pensava a un sogno comune