GIROTONDO
Girotondo è una specie di girone infernale dantesco — col dovuto rispetto al Sommo Poeta —, ma le persone che lo abitano non vi sono costrette da un’entità superiore, per espiarvi colpe o peccati, bensì dai loro stessi simili, organizzati e strutturati in gruppo, che costituiscono un sistema. Quel sistema ha le sue regole di comportamento e l’accesso è a numero chiuso; tutti i requisiti per accedervi sono stabiliti dal sistema medesimo, come accade nelle società contemporanee. Girotondo presta la voce ai cosiddetti ultimi, i falliti, le vittime, gli esclusi, gli sfruttati, condannati dai loro stessi simili, perché il Dominio ha bisogno, per esistere e mantenersi, di esercitare la propria prepotenza sui più deboli, dei quali necessita per la sua stessa sopravvivenza, e contro i quali esercita il suo piccolo Potere.
Fortunato Mannino, in una recensione, parlò di “canzoni che raccontano le vite dei fantasmi che pullulano nelle nostre città”, lettura perfettamente calzante.
Il tema attorno al quale ruotano tutte le tracce è la folla di persone che vive ai margini, quella esclusa dalla società e dal sistema che ne regola il funzionamento. In qualche caso, l’esclusione determina una forma di libertà, non autentica e pagata a un prezzo altissimo: tuttavia, per chi la subisce — l’esclusione —, quella è l’unica consolazione a cui aggrapparsi.
Alcuni giornalisti e critici, più o meno esplicitamente, hanno definito Girotondo un album filocristiano, forse ingannati dal tema e da un inciso, però, in realtà si tratta di un album prettamente anarchico, e per dimostrarlo non occorre citare Bakunin o Malatesta. La canzone che fa da collante per tutte le storie srotolate nel disco è “Il Gallo canta”, appositamente l’ultima dell’album, di cui Don Andrea Gallo è il regista occulto.
Credo che Girotondo sia un’opera impegnata, in quanto, per definizione stessa dell’aggettivo, si occupa di problemi politici (nel senso alto del termine) e sociali contemporanei. Che sarebbe divenuto un disco talmente anarchico da poter essere confuso per filocristiano l’avevo sospettato, difatti l’anarchismo, fin dalla fine del XIX secolo, è un’organizzazione societaria che teorizza un mondo di pace, libertà e uguaglianza non dissimile da quello a cui aspira il cristianesimo e le altre religioni. Girotondo, in definitiva, è un’elegia dei vinti, degli sconfitti.
Fra i personaggi che affollano l’album c’è quindi un’umanità in cerca di riscatto, che urla la propria richiesta di aiuto e rivendica i propri diritti e dignità, e un’esigua folla è pure quella che costituisce i collaboratori che hanno contribuito alla sua realizzazione. Infatti, il lavoro vanta la partecipazione di tanti musicisti, tecnici, grafici e, per la prima volta, anche per quanto concerne i testi. La prima traccia del disco non va ascoltata ma letta nella quarta di copertina del libretto che custodisce il disco: è un componimento letterario breve, legato alla narrazione del lavoro.
BORGO DI ROSE
(Laura Medda)Non saprei raccontarvi come la mia luna silenziosa sia scivolata in un borgo lontano e non so per quanto tempo ho camminato prima di ritrovarmi qui intorno. Il cielo notturno riflette un cerchio fiorito che sulla terra mi appare raccolto in un nido di rose e si apre con il suo lento movimento concentrico destinato a sfiorire nell’ombra.
Alle prime ore del giorno solo un grido di rondine interrompe i pensieri e dietro il suo volo arriva una scaglia di luce che spacca l’oscurità. Così intravedo la fatica di questo aspro fiorire, tutti quei passi racchiusi perché non c’è segno di via. Adesso siedo, accanto alla mia luna ingombrante, tra le rose consumate dal veleno dell’umana miseria. Qualcuno mi dice che un poco più in là si aggira la signora dei fiori, vorrei chiederle di questo diluvio che scuote la terra e di queste radici inquiete. La sua voce richiama storie di tempi lontani e altri luoghi, storie di uomini respinti a ridosso di un borgo inventato. Richiama più forte questa pioggia di segni contrari e piange per il silenzio di chi morde la propria coscienza, di chi si è arreso alla scia degli inganni, per chi rincorre ancora una speranza negata.
La signora dei fiori tiene con sé un frammento lucente che cattura l’arcobaleno e libera le lacrime in sogni ridenti. Sta ferma a guardarmi, sono solo un bambino e non conosco il mondo né la discordia del cielo.
Sospeso sul confine di un mondo sognato, vedo un bambino come me inseguire gli stracci di una ballerina dispersi nell’aria, aspetterà che sul far della sera diventino ali. Vorrei che la mia bolla di luce confortasse il suo sogno, rischiarandone il volo verso un cielo lontano.
I miei occhi volgono indietro ad ogni passo ma in altre terre mi sveglierò da questo sogno e raccoglierò quei fiori spezzati, dischiusi alla debole luce notturna che segni la via. Se il loro pianto potesse sciogliersi, nutrirebbe questo tempo degli uomini che si affretta a fuggirne le ombre e ogni istinto di libertà destinato a sfiorire troverebbe respiro.
Veglia, mia luna, questa terra gonfia di nidi e preghiere.
Veglia e solleva i suoi rami feriti, disperdi le tue luci notturne sulle rose del borgo.
Il tutto, non sarebbe stato possibile senza l’appoggio morale ed economico di Grazia De Franceschi, la produttrice esecutiva milanese, che ha fatto sì che non dovessi sentirmi un APS, acronimo col quale Umberto Eco designava gli Autori a Proprie Spese.
Nella costruzione dell’album, avendolo pensato come concept, c’è stato un impegno certosino per quanto concerne le linee melodiche, armoniche e gli arrangiamenti. Non solo il tema e la parte lirica, ma anche quella strumentale e compositiva, hanno richiesto grande sollecitudine da parte di tutti i collaboratori, ingegnere del suono compreso.
Per certi versi, prevalgono le sonorità world music, ma hanno un certo risalto anche il folk e la musica popolare. Gli arrangiamenti sono stati affidati a Gianfranco Fedele (“Madre” e “Madame dei fiori”), ai vari musicisti che si sono avvicendati in sala di registrazione e al maestro Giovanni Vicidomini, polistrumentista salernitano; suo è per esempio il magistrale arrangiamento di “Girotondo Theme”, la chiusa strumentale di “Novembre”, costituente il filo rosso musicale che tiene legate le undici canzoni dell’album.
Non solo testi e musiche hanno richiesto ragguardevole impegno, ma anche la parte grafica e fotografica, così che il prodotto, se in tal modo è definibile, avesse la giusta confezione.
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