CANTAUTORI, POETI E POETASTRI
«[…] la Manuzio invece si occupa esclusivamente di pubblicare senza filtro tutto il pattume che le viene proposto, ovvero i cosiddetti impubblicabili perché portatori di teorie deliranti piuttosto che in assenza di qualsivoglia talento. È il ramo che sfrutta i cosiddetti APS (Autori a Proprie Spese) in cui confluiscono quindi tutte quelle persone disposte a pagare pur di vedere il proprio libro pubblicato. Il meccanismo è semplice ed è una banale truffa (che peraltro sopravvive ancora): con una serie di salamelecchi si convince l’autore a sostenere le spese di stampa per la propria opera di cui comprerà buona parte delle copie esistenti, mentre quella rimanente non verrà nemmeno mai distribuita nei negozi e alcuni mesi dopo si comunicherà che tutte le copie avanzate sono destinate al macero per persuaderlo a comprarle. Quale autore permetterebbe la distruzione della propria opera?»
(“Il pendolo di Foucault”, Umberto Eco)
Dei poeti ho molta stima e rispetto, ma molta di meno, che rasenta il disprezzo, per certi poetastri che affollano oggigiorno le pagine impalpabili del web.
Stessa cosa dicasi per molti APS, acronimo col quale Umberto Eco designava gli Autori a Proprie Spese. L’aspetto inquietante è che pure io, a essere obiettivi, sono definibile CPS, ovvero Cantautore a Proprie Spese.
Di poeti veri non capita di incontrarne frequentemente, a meno che ci si intrufoli in biblioteca, e anche per questa rarità li considero preziosi come certe gemme minerali.
Uno che ho incontrato qualche anno fa, quando annodavo fili e corde fra Sardegna e Genova, si chiama Marcello Stefanelli, fra l’altro compagno di Lorenza Saettone, anche lei ligure e poetessa.
Abbozzo una nota biografica di Marcello Stefanelli: nasce a Savona il 2 dicembre 1981, si diploma al liceo Della Rovere e si mantiene modellando la creta. Compone canzoni, le suona e canta nel filone della canzone d’autore — fra le collaborazioni si segnala quella con Max Manfredi —, scrive racconti, favole, fiabe e poesie.
La collaborazione con Max Manfredi fu il motivo per cui ci incontrammo, stabilendo fra noi empatia e instaurando una sorta di rapporto epistolare. Marcello Stefanelli in arte ha altri nomi ed epiteti, e non è solo poeta — come se ciò non fosse abbastanza — ma è pure scrittore di musical, compositore di musica classica apocrifa, burattinaio del Faustus, ghostwriter, radiodrammatico, suonatore di chitarre, pittore di tele, intagliatore di santi, smascheratore di personaggi biblici, compositore di odi alle zanzare e cantautore che guarda all’infinito (come i giardinieri di Recanati). Aspetto che venga pubblicato il suo album di canzoni, alcune delle quali frequento, che certamente sarà di sconcertante bellezza e metterà alle corde qualche collega spurio.
Di cantautori ne conosco un bel po’, incontrati in questo spazio virtuale in cui siamo rimasti impigliati come pesci nelle reti, molti talentuosi, quasi integralmente dei CPS; di poeti ne ho incrociati molti di meno, di poetastri fin troppi.
La fortuna di essere riconoscibile in quanto cantautore, anche solo dalla nicchia, mi ha consentito di instaurare rapporti con persone speciali, che sognano con la penna in mano o le dita sulla tastiera di palissandro. E così facendo fanno sognare altri.
Quando ha scartato le mie Canzoni sparse, Marcello Stefanelli ha scritto:
Si sente la terra, il pane.
Si sente il salino, sia quello della fronte,
sia quello che avviva il cibo.
Si sente il dolore. Il sacrificio.
Come pure la gioia.
Il capovolgimento delle regole,
quelle che scaldano la poltrona al potere.
Si sente la voce del popolo,
ma pure il distacco del saggio.
Il vociare del mercato settimanale
e il silenzio dell’eremo.
Mette in fila, come grani di una stessa spiga,
passato, presente e futuro.
È un biglietto per viaggiare nel tempo.
Dolce e caustico assieme, come il vento
quando è sia ruvido che luminoso di sale.
(Marcello Stefanelli)
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