Segue una breve conversazione-intervista, non pubblicata, avvenuta pochi giorni prima del 25 aprile 2024 con un amico giornalista che si occupa di musica.
Mi piacerebbe avere una tua opinione sul 25 aprile, più come uomo che come cantautore. Ritieni necessario che dovrebbe essere una Festa, quella della Liberazione, che per una volta tanto metta d’accordo tutti gli italiani?
– Proverò a scindermi, ma non è facile: ora parla l’uomo e tace il cantautore. Ritengo giusto e inevitabile che alcune ricorrenze siano divisive: commemorando la liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la fine dell’occupazione nazista e la definitiva caduta del regime fascista, il 25 aprile vede da una parte gli antifascisti e dall’altra i fascisti; due parti, per definizione divise. Come divise sono le parti di chi si dice a favore dell’aborto (nel senso di possibilità di potervi ricorrere) e chi contro, anche se ridurrei ulteriormente il campo sulla base di una preliminare e semplice constatazione: se hai l’utero puoi esprimerti e decidere, viceversa taci.
Perdona il fuori tema, ma volevo fosse chiaro perché, dal mio punto di vista, alcuni fatti e ricorrenze sono e devono restare divisivi: non vorrei mai essere accumunato a un fascista di quest’epoca, ma sempre alla sua controparte.
Però, sarebbe come dire che il regime fascista è ancora al potere e che il fascismo, inteso come movimento politico, interessa ancora quest’epoca e questa società, mentre in realtà si tratta di pochi nostalgici…
– Oggi il fascismo non è questione di sola nostalgia, un fatto storico, come si tenta vanamente di archiviarlo. Se si preferisce chiamiamolo postfascismo, parafascismo o neofascismo, poco cambia. Esso si annida ancora nella società umana, ma indossa abiti diversi. Preferisco le persone che dichiarano apertamente quello che effettivamente si sentono di essere. È naturale che, a parte il dilavamento degli ideali, abbia ancora senso riconoscersi uomini e donne di sinistra oppure di destra, perché i secondi sostengono un pensiero le cui radici affondano nel ventennio fascista. Io mi definisco di sinistra in senso ampio (non nel senso dei partiti politici votabili) e sicuramente antifascista.
Tempo fa pubblicasti una canzone partigiana, “Il sentiero dei nidi di ragno”, nell’album che tra l’altro contiene una canzone profetica, “Stelle cadenti”, se guardiamo ciò che sta accadendo oggi a Gaza. Di guerra hai sempre scritto, non sto qui a fare l’elenco dei titoli, forse anche per via della tua militanza in Emergency. “Il Partigiano di Fenoglio” è una canzone del tuo ultimo album, ancora sui partigiani, ancora sulla guerra, ancora sul fascismo…
– Canzone profetica? Non mi pare, considerato che Gaza vive il suo inferno, a fasi alterne, dal 1948. Sono un antimilitarista e anche il sostantivo ‘militanza’ mi suscita disagio. Indubbiamente Emergency, gli oltre 10 anni al suo servizio come volontario e socio, mi ha formato, e certi concetti e convinzioni sono oggi saldamente impressi nel mio pensiero e nella mia visione dei fatti del mondo. D’altronde, qualunque guerra produce solo morte distruzione e miseria per la popolazione civile (inerme e spesso con ciuccio e pannolino), ridefinisce poteri, e mai contribuirà all’attuazione dei diritti umani, dei quali è l’esatta negazione. Ma torniamo alle canzoni. I partigiani del ’43 sono stati raccontati da tanti scrittori, ma una narrazione che più di altre mi ha stregato, tra quelle che ho letto, è stata quella di Beppe Fenoglio, estremamente lucida, senza sconti. Da lì, ispirandomi liberamente — come diciamo noi cantautori quando rubiamo dalle pagine —, ho composto “Il Partigiano di Fenoglio”; in mezzo, fra i versi, ci sono le prove anche del saccheggiamento da “The partisan” di Leonard Cohen.
Allora, in questo 25 aprile non resta che ascoltare “Il Partigiano di Fenoglio”, arrangiata ed eseguita con diversi bravi musicisti di cui, fin dall’inizio, ti avvali. Evviva l’antifascismo e il 25 aprile. Però un’ultima cosa te la voglio chiedere: cosa può fare un cantautore?
– Aprire delle finestre (ora parla il cantautore).
(M.B.)