UNA CHIACCHIERATA FRA E SU ‘I CANTAUTORI’
Una discussione avvenuta in maniera asincrona, per via telematica, nata da una mia considerazione inerente la canzone d’autore, scopiazzata dal sito web, dove provo a raccontare di cosa mi occupo, condensando i contenuti in una frase.
MAX MANFREDI
D’accordo su tutto, anche se l’esperienza (di ascoltatore e di compositore) mi porta a pensare che la canzone possa avere una sua forma deflagrante di poetica e, più che guardare di sottecchi la poesia, se ne inventi una cieca e veggente.
ALBERTO CANTONE
Una canzone in cui si riconosce, oltre ad un testo poetico e di valore letterario, una precisa “poetica dell’autore”?
MAX MANFREDI
Quello, Alberto, è inevitabile. Ma son convinto che l’immagine, il suono, trascendano l’autore stesso. Sai, per me è come si dice dei pastori: lungi dall’idillio arcadico, rischiano a ogni piè sospinto di venire trascinati dal loro stesso gregge.
ENZO MARENACI
Io amo definirla “musica popolare”, non più di tradizione orale sicuramente, ma è in quel solco che, a mio avviso, ci si avvicina maggiormente ad una pur sempre parziale definizione credibile.
È quando la si immagina come musica rivolta ad un popolo di “eletti” che si compie un tradimento.
Quante volte ci “affibbiano”, per tono di voce o per metrica, una “etichetta” di musiche e parole già ascoltate?
A volte la riceviamo con fastidio questa etichetta, ma ha un suo fondo di verità.
Sentirsi degli aedi contemporanei è sempre un buon riparo per non sentirci mortificati da un’autonomia espressiva che ogni cantore ha in sé.
MAX MANFREDI
L’elezione è automatica, mai intenzionale. Quanti hanno la possibilità di ascoltare e quanti si sintonizzano. La prima è casuale e vagamente indirizzabile con forme di propaganda, la seconda possibilità è un mistero.
ENZO MARENACI
Max, mi riferivo agli ascoltatori, in effetti sono stato poco chiaro.
MAX MANFREDI
Certamente, sono gli ascoltatori che possono indulgere nel vizio di affibbiare etichette. È nel loro diritto (anche se certi giornalisti dovrebbero starci un poco attenti). Da parte nostra, che le canzoni le facciamo, il campo di gioco è sempre fra i codici e la loro trasgressione in funzione della “opera meravigliosa”, cioè la disciplina vista come interfaccia di possibilità; che, per sua natura, ibrida e rinnova.
NICOLA PISU
Ripeto, sono convinto (ma non troppo) che la canzone d’autore non sia un genere musicale, ma occorrerebbe una specie di tribunale formato da critici musicali per giudicare cosa sia canzone d’autore e cosa no. Sia chiaro che una canzone d’autore non necessariamente è bella, nella stessa misura in cui ci sono tante canzoni pop e rock stupende.
MAX MANFREDI
Infatti non lo è. E non credo nei tribunali. Ognuno ha poi la sua tassonomia riguardo alla “canzone d’autore”. Io credo che sia in via di assoluta trasformazione, ma lo credo secondo le mie categorie di giudizio (documentate e documentabili, quanto discutibili).
Molte canzoni pop e rock, fra l’altro, sarebbero “d’autore”, nel senso che hanno portato al loro limite alcune possibilità espressive, o almeno le hanno usate in maniera originale.
NICOLA PISU
Questa discussione tassonomica mi affascina!
MAX MANFREDI
Beh, Nicola, s’intende classificatoria, con tutti i limiti che quest’intenzione ha e deve porsi. Ma forse la mia tesi non interessa molti o rischia di essere fraintesa per motivi inerenti alla comunicazione su facebook, casomai ne cominciamo a parlare in privato.
ANDREA PESCE
La canzone d’autore è una piccola parte della letteratura del cuore.
MAX MANFREDI
Piccola o grande, dipende.
ANDREA PESCE
Max, nel senso che la letteratura del cuore coinvolge anche altri ambiti, come per esempio il cinema e i viaggi.
MAX MANFREDI
Certo! Se nel cuore c’è abbastanza spazio, possono essere ambiti ampissimi. Ma se sono un cuoco, grande spazio avrà nella letteratura del mio cuore la cucina.
Non era mia intenzione innescare un dibattito sul tema “canzone d’autore”, ma direi che con l’allegoria del cuoco di Max Manfredi si possa mettere finalmente un punto all’annosa questione; anzi, un punto e virgola, perché ogni cantautore (e cantautrice) ha il suo linguaggio, fatto di testi e musica — ma non dimentichiamo l’apporto fondamentale della vocalità —, che lo identifica; ha una poetica costruita su certe costanti stilistiche che disegnano la sua personalissima visione della vita, come accade per ogni essere umano.
Infine, che Max Manfredi fosse una persona che apprezza la tavola già lo sapevo; invece, che fosse fino conoscitore di erbe aromatiche usate in campo culinario no. A tal proposito, riferendosi a una sua canzone ancora inedita che menziona il serpillo e il timo, spiega che la prima altro non è che una varietà di timo, lievemente diversa dal timo comune, fatto che genera una figura retorica simile all’endiadi. E aggiunge: “Mi piaceva il suono e la qualità evocativa della parola. Altrimenti avrei potuto dire “per farle all’aglio e rosmarino” (riferendosi a una ricetta per cucinare le trote, NdR). Ma sarebbe stato un po’ troppo da ricette di cucina. Tra i poeti lo usa Pascoli, che era poeta anche quando scriveva ricette di cucina. Attenzione, però. Il termine non è aulico. Pascoli “usava” lessemi aulici e familiari (in questo caso, un termine caro alla botanica popolare) e li mischiava insieme in modo personale e ammirevole”. Però, ora metto un definitivo punto.
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