_UN PASSO ALLA VOLTA

UN PASSO ALLA VOLTA

«La morte si sconta vivendo» scrisse Ungaretti.
La vita impone un cammino nel tempo, nello spazio e nel corpo che passo dopo passo conduce alla morte. Più si vive e più ci si avvicina a essa, e l’incontro è inesorabile. Sono poche le variabili, ma più che altro interessano modi e velocità dell’avvicinamento.
“Passo dopo passo” è una canzone, raccolta non casuale di passi, risalente al 2000 e rivista nel 2014.
È un testo che volevo arrivasse con leggerezza, e allo stesso tempo che emergesse il senso profondo, che è quello del vivere.
I passi di cui parlo sono quelli che fanno il cammino di uomini e donne, ma si riferiscono anche alla voce del verbo passare, riconducibile al tempo.
C’è la locuzione ‘passu passu’ che, in lingua sarda, misura lo spazio fisico e lo spazio del pensiero, quell’andare piano, quella lentezza che è propria del procedere in avanti, inteso come movimento, ma anche come spazio temporale necessario per pensare, che rallenta.
E poi è vero che ognuno ha il proprio passo, che non tutti riusciamo a stare al passo altrui, o a stare semplicemente al passo con la nostra stessa vita. Passo è anche impronta, è segno sulla terra, è significato e momento di stare al mondo.
“Passo dopo passo” si nutre di cinematica e di fisica: tempo, spazio, velocità…
Quindi, fondamentalmente cerca di raccogliere la lezione calviniana sulla leggerezza, come valore anziché difetto, valore nel presente da proiettare nel futuro.
Nelle lezioni americane, Italo Calvino disse «Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore».
Come dice Max Manfredi, per le canzoni il tempo è obliquo, un non tempo, quello per cui l’attimo della scrittura coincide con quello della lettura a distanza di secoli, quello per cui ogni poeta, ogni pittore, è nostro contemporaneo. E questa canzone è sì databile a più di vent’anni fa, ma è stata ripresa, abbandonata, corretta, dimenticata, innestata ad altre frasi verbali e musicali. E in definitiva, il suo tempo comincia dal 2022, quando è stata pubblicata. Quanto alla durata, alla scadenza, è noto che certe canzoni, soprattutto del passato, possedevano la qualità e condizione della durabilità. Quindi per questa, conficcata nel presente, si deve attendere un po’ di tempo prima di potersi esprimere in merito: un passo alla volta.

Passano le nubi gravide
si diradano come greggi
finché il cielo si fa terso
e volteggian gli aquiloni
e passo dopo passo
e passu passu
passano

Si comincia a camminare intorno al primo anno di età, i primi passi, con l’ausilio di qualche sorta di deambulatore e si termina con altri tipi di deambulatori: sono l’inizio e la fine del percorso che compie il tessuto cerebrale. In linea di massima bisogna approfittare dell’intervallo fra questi due estremi. È lì che si sviluppano i passi che facciamo.
Spesso quell’intervallo lo riempiamo di inutili ambizioni, di corse ossessive per raggiungere gioie vane, cose, che poi inesorabilmente svaniranno. Eppure gli occhi restano gli stessi dalla vita alla morte, o meglio, dall’infanzia alla vecchiaia.
Vista la meta conclusiva, non cambiabile a nostro piacimento, ritengo sia conveniente andarci un passo alla volta, passu passu.
Un amico, con cui giochiamo a chiamarci reciprocamente Keef (sta per Keith) e Seed (sta per Pisu), mi ha scritto: «“Passu passu” è un astuzia raffinata, l’astuzia di chi, pur armato fino ai denti di consapevolezza, si pone di fronte all’ambivalenza del tempo, per guardargli il culo. Conosce già almeno una verità e cerca di costruirne un’altra, giusta per quell’istante. Del mio amico Seed e di altre storie è per giunta uno dei miei passi preferiti».
Passu passu” è la traccia n. 7 del Primo tomo dell’album Di un cantautore e d’altre storie. La parte più sostanziosa del lavoro è stata svolta dal maestro Giovanni Vicidomini, dagli arrangiamenti all’esecuzione di una serie di strumenti musicali (chitarra classica, basso, fisarmonica giocattolo, cassa, tamburello, maracas, piatti, synth). Io questa canzone l’ho semplicemente concepita e custodita in un cassetto, con naftalina, per oltre vent’anni.

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