UN CONCERTO CON I PENNACCHI CON I PENNACCHI
Alcune ore prima di suonare:
– Ciao Nicola, mi chiamo Massimo.
– Ciao Massimo, piacere.
– Senti, ma che musica fai?
– Canzone d’autore.
– Cioè?
– Il genere di De André, Guccini, De Gregori, però non faccio canzoni di De André, né di Guccini e né di De Gregori.
– Ma allora non fai canzone d’autore?
– Sì, solo che l’autore, il cantautore, sono io.
– Capito.
Poco dopo, sempre prima di suonare…
– Ciao Nicola, sono Matteo.
– Ciao Matteo, piacere di conoscerti.
– Massimo mi ha detto che fai un genere particolare.
– Particolare direi di no: canzone d’autore. Il genere, che non è tecnicamente un genere musicale, in cui potremmo inquadrare De André, Guccini, De Gregori; solo che non faccio canzoni di De André, né di Guccini e né di De Gregori.
– Ok, cantautori.
– Meglio dire cantautore, singolare.
– Va bene, cantautorato.
– Cantautorato è una brutta fa parola, mi fa pensare piuttosto allo stufato di carne e patate.
L’ordinanza per la chiusura al traffico in un tratto della via principale di Belvì è giunta solo intorno alle 18.00. Sembrerebbe questo un particolare da poco, ma è di una certa rilevanza nel racconto del concerto, inframezzato da brevi letture da S.Niffoi, G.Dessì ed E.De Luca.
Il paese si trova a 787 m sul livello del mare, è situato alle pendici del Gennargentu, nella costa del monte Genna de Crobu, circondato da folti boschi di noccioli, noci, castagni, roveri, lecci e agrifogli, e guarda alla valle de S’Iscara, che prende il nome dal rio che la attraversa. L’abitato deve la sua fama alla produzione delle castagne, delle nocciole e delle ciliegie.
La scaletta eseguita ha ricalcato bene o male quella scritta sul foglio adagiato a terra, a parte i due bis, il primo dei quali inedito: “Oh mare”. Mentre, il secondo pezzo è stato forzato dai richiedenti musica: “Di Barbagia”, che ho eseguito coinvolgendo Chicco Poddie per i cori, abitante a Belvì, che partecipò alle registrazioni di Storie in forma di canzone. Un anno prima, questo racconto in musica della filonzana, l’inquietante vecchia gobba e con la schiena piegata, munita di fuso e canocchia, l’avevo eseguita in questi luoghi accompagnato dai miei musicisti e, nella chiusa, dal coro polifonico belviese.
Quando stavo eseguendo “Filastrocca”, l’ultima canzone in programma, oltre a una brevissima appendice di ringraziamento, e prima ancora che venissero richiesti i bis, due fari abbaglianti di automobile hanno preso a puntare il palcoscenico da una ventina di metri, lungo la strada, che sapevo essere chiusa al traffico. Parevano due occhi di bue che illuminavano la piccola e modesta scenografia. Lì per lì non capivo il motivo di quella pagliacciata e notavo un via vai di persone e di voci, a tratti concitate. Si intravedeva anche una sirena blu a sconquassare la notte barbaricina.
Erano i carabinieri di Seulo, paese vicino, mandati dal comando di Tonara, altro centro abitato barbaricino, a mettere ordine in quel paesino che faceva suonare in strada un cantautore, deviando il traffico su una viabilità alternativa. Ho scoperto, solo dopo aver concluso la canzone, che i gendarmi stavano verbalizzando la chiusura illegittima del traffico, nonostante il sindaco, che era seduto fra il pubblico, spiegasse che il fatto che il loro comando non ne sapesse niente per lui era irrilevante: un intoppo burocratico dovuto a una scarsa comunicazione fra enti pubblici. Inoltre, ha proseguito il sindaco: non andava mica bene che avessero tenuto quei fari puntati sul musicista.
Uno degli organizzatori ha detto ai carabinieri che, se invece di fare i burattini fossero andati a sedersi e avessero ascoltato il concerto, si sarebbero arricchiti culturalmente. Allora i militari hanno minacciato l’oltranza a pubblico ufficiale e intimato ai presenti di prendersi quel signore ché altrimenti l’avrebbero portato immediatamente alla caserma di Tonara.
Io, sceso dallo sgabello troppo alto per le mie abitudini, mi guardavo intorno sbigottito. Stavo rollando una sigaretta, in attesa che un conoscente mi portasse un bicchiere di vino, quando uno degli organizzatori mi ha fatto cenno di andare dai militari, che volevano parlare con me.
Gli uomini in divisa mi hanno chiesto i documenti e hanno verbalizzato tutto. Qualcuno, nel frattempo, ha gridato «vergognatevi, nemmeno negli anni settanta!», scordando che a quei tempi il casino e le contestazioni ai concerti nascevano più che altro dal pubblico.
Presi tutti i miei dati personali, l’automobile blu dei carabinieri se n’è andata, passando in mezzo alla piccola folla che sostava tra il palcoscenico estemporaneo e il bar Da Antonello. È volata qualche ingiuria, mentre io sorseggiavo il mio vino fumando e chiacchierando con una turista romana rimasta affascinata da “Pianura di sale”.
Così, si è conclusa la data belviese che, mi dico, rimarrà nella storia per l’arrivo dei due gendarmi con i pennacchi con i pennacchi.
Mi viene in mente il concerto gratuito degli U2 in una strada di San Francisco, dove Bono Vox rappresentò graficamente il motto rock ‘n’ roll stops the taffic (con relativa multa per averlo fatto scrivendolo con lo spray su una statua).
Al sottoscritto, musicista di tutt’altra fama, spero non gli giunga la multa per canzone d’autore in luogo pubblico, in seguito al concerto in quel paesino, Brebì, di cinquecentottananove anime “Difeso e sollevato dai suoi monti” (cit. De Villa), inframezzato da brevi letture da S.Niffoi, G.Dessì ed E.De Luca.
©2015