SPOON RIVER E DINTORNI
“Ernest Hemingway, pochi giorni prima di spararsi in bocca, mi aveva chiamata e mi aveva detto: «Non posso più bere, non posso più mangiare, non posso più andare a caccia, non posso più fare l’amore. Non posso più scrivere». La morte di cui Hemingway aveva condensato la tragedia della sua vita e aveva fatto visualizzare i molti piccoli preavvisi, le impalpabili previsioni, a chi lo aveva conosciuto; ma il dolore, l’orrore, lo spavento per il vuoto in cui ci aveva gettato ci aveva colti lo stesso di sorpresa.” (Fernanda Pivano)
Verso metà anni novanta scrissi una serie di canzoni ispirate a L’antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, tante da riempire un album a tema. Quelle canzoni probabilmente non le pubblicherò mai, perché se lo facessi dovrei confrontarmi con almeno due autori enormi, e il confronto sarebbe impietoso. O forse, chissà che non ne inserisca qualcuna qua e là negli eventuali lavori futuri, così da non destare troppa indignazione.
Ricordo con affetto l’insegnate di italiano che alle scuole superiori ci fece leggere alcuni brani dell’Antologia di Spoon River e altra poesia, aprendomi così una finestra sul mondo dei poeti americani. Sarà per via dell’innamoramento post adolescenziale per la professoressa, ma quel libro non lo avrei più abbandonato: è sempre lì sul comodino e lo rileggo ogni paio d’anni.
Oltre che all’ammaliante professoressa con grandi occhi azzurri, sono infinitamente riconoscente a Fernanda Pivano, che col suo lavoro di traduzione, critica e divulgazione aprì lo scrigno della letteratura statunitense. Nanda Pivano, in quarta e quinta ginnasio al liceo classico di Torino, era compagna di classe di Primo Levi. Entrambi non vennero ammessi agli orali dell’esame di maturità perché i loro temi non furono giudicati idonei. Il supplente della materia Lingua italiana era Cesare Pavese, che le portò quattro libri in inglese (Ernest Hemingway, Walt Whitman, Edgar Lee Masters e Sherwood Anderson) che segnarono profondamente il suo destino di scrittrice e traduttrice. Infatti, l’inizio della sua carriera letteraria cominciò proprio con la pubblicazione per Einaudi della traduzione dell’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, sotto la guida del suo ex supplente di Lingua italiana.
“La ballata di Spoon River” è la prima canzone liberamente ispirata a L’antologia di Masters, il principio di quella serie; l’ho limata in almeno venticinque anni, per rendermi conto solo alla fine che forse è troppo lunga per starci tutta in una sola canzone. Per porvi rimedio ipotizzo di dividerla in due parti: la prima in apertura e la seconda in chiusura del concept che comunque non farò mai.
Poi seguirono “Harry e la bandiera”, “Un brevetto”, “Melton il sarto” e “Rosa” (queste tratte da The New Spoon River, pubblicato da Masters nove anni dopo la famosa antologia), “Sotto il cedro” e “Le regole del gioco”.
Nel 2009 misi tutti questi testi e un CD con le bozze delle canzoni in una busta e la inviai a Fernanda Pivano. Non sapevo cosa volessi, né cosa aspettarmi, e nemmeno che lei stava molto male. Dopo qualche mese Nanda se ne andò a dormire sulla collina di Spoon River.
Poi ci avvolse un sonno senza sogni
e ci ritrovammo qui, sulla collina
a due passi dalla vita, così lontana e vicina
falliti ciascuno come ha potuto
il muro d’ipocrisia abbattuto
Il lamento di Emily
la vecchia zitella, la vergine di cuore
dietro ogni maestra c’è sempre un dolore
l’adulterio di Lydia
le labbra che non negavano un bacio
per non crepare, crepare d’invidia
[…]
Qualcuna in un bordello d’infelicità
qualche altra morì di parto
di parto clandestino
e chi morte trovò fra puttane e vino
prescritta da una corte
chi colpo sbagliò
chi le vele ammainò
Le voci dei corrotti
dei ladri e degli eroi
dei figli morti in guerra
orfani che patria spezzò in altra terra
le donne sognanti che ancor mormorano
fra inganni, seduzioni e disincanti
©2014