_“PANE PER AMORE”: GENESI

“PANE PER AMORE”: GENESI

“È un’attesa silenziosa, col fiato sospeso per circa due ore.
Quando il nastro si solleva ad arco, dalla montagna ai tetti delle case, sembra un getto d’acqua.”
(Maria Lai, 1981)

“Pane per amore” è sì una canzone, ma fondamentalmente una molteplicità di suggestioni, impressioni e incanti fomentati dall’opera di Maria Lai. L’ho scritta al rientro dai luoghi dove l’artista è nata. Con le sue opere ancora negli occhi, dopo aver letto un po’ di scritti sulla sua vita, parlato di lei con gente del posto, ma anche attraverso due belle poesie scritte da Antoni Lai Sirboni, del 1981 e nel 2009, ho composto la melodia e, di getto, i primi versi. Antoni Lai Sirboni è il padre di Laura, la proprietaria del B&B Charlie Sardinia, dove ho alloggiato durante la collaborazione con Marco Baliani al Festival dei Tacchi.
Sarà stata l’aria primitiva e selvatica dei Tacchi dell’Ogliastra, o forse il vento, che a volte viene dall’interno e delle altre dal mare che si intravede all’orizzonte. Quello stesso vento che nel ’93, quando Maria Lai realizzò l’istallazione La scarpata, scombinò gli elementi di acciaio dell’opera; e lei disse agli operai di non rimetterli a posto, di lasciarli com’erano perché era stata la montagna a parlare, rivelandole «la precarietà del mondo tecnologico». Quel vento che, per chi arriva a Ulassai dall’interno dell’isola, saluta i visitatori con un’installazione all’aperto, La cattura dell’ala del vento, regalo della poliedrica artista al nuovo Parco eolico del paese, prima che si avventasse la speculazione di cui assistiamo ai nostri giorni.
Fu suo caro amico lo scrittore Giuseppe Dessì, dirimpettaio di casa a Roma, negli anni sessanta, dai cui libri trasse profonda ispirazione, capendo ancor più l’importanza delle proprie origini.
Apprezzata a livello internazionale, a novantatré anni è morta nella sua casa di Cardedu, lasciando tante opere sparse, legandosi eternamente al territorio ogliastrino. Mostre, esposizioni, premi e riconoscimenti non si contano. Ma soprattutto sono rimasti i suoi valori, come una chiave per provare a rispondere ai quesiti del presente e del futuro, che apre la direzione, il filo da seguire in quest’era vuota di ideologie e popolata da crociati novizi, migliore riprova che l’arte possa riuscire laddove non riescano religione e politica. Questo concetto è ben esplicitato da Legarsi alla montagna, opera d’arte diffusa, collettiva e comunitaria, datata 8 settembre 1981: a Maria Lai era stato richiesto dall’amministrazione comunale un monumento ai Caduti in guerra, ma lei volle fare qualcosa che «servisse per i vivi, non per i morti»; e quei vivi erano gente diffidente e spesso litigiosa. Così, con Legarsi alla montagna, gli abitanti di Ulassai, dopo non poche fatiche e una delicata operazione di mediazione e convincimento, accettarono di annodarsi con un nastro di tela celeste, ma solo con i paesani con cui andavano d’accordo. Si arrivò al patto con un compromesso: il nastro sarebbe passato dritto laddove c’era del rancore, avrebbe creato un nodo (intrecciato a del pane delle feste) dove si riconosceva dell’amicizia, e addirittura un fiocco dove ci fosse stato dell’amore. Infine, gli scalatori legarono i nastri alla montagna più alta che sovrasta l’abitato, legando così Ulassai alla sua montagna.
Da qui il titolo della canzone, “Pane per amore”, che apparentemente fraintende il messaggio originario, e che, per ragioni puramente estetiche, ho scelto di lasciare così, altrimenti avrei dovuto intitolarla “Pane per amicizia” o “Fiocchi per amore”.
C’è una strofa che ricalca spudoratamente una cosa bellissima che mi ero appuntato a proposito del tema inciampi, con la chiosa “di Giuseppe Cristaldi, il mio amico scrittore salentino: “Se Dio fosse perfetto / ci avrebbe messo gli occhi / sulle dita dei piedi”; e io ho aggiunto “come un altro difetto”.
Però, da ladro reo confesso e gentiluomo, fin dalla fase di bozza, ho parlato con Giuseppe, informandolo del furto e dicendogli che, se non fosse stato d’accordo all’utilizzo, avrei posto rimedio cercando un’altra immagine letteraria. Ma Giuseppe, oltre che un fine scrittore, è anche un caro amico e me lo ha concesso, precisando che non si tratta di furto, bensì di scambio, scambio di emozioni. Quindi, pienamente assolto perché il fatto non sussiste, ho inserito i suoi versi:

E quanti inciampi
ma cosa ne sappiamo
delle vie che hai percorso
delle frane e dei lampi
Se Dio fosse perfetto
ci avrebbe messo gli occhi
sulle dita dei piedi
come un altro difetto

Giuseppe Cristaldi è colui che ha scritto “Un rumore di gabbiani – Orazione per i martiri dei petrolchimici”, “Nel nome di ieri” e “Gli scuoiati”, giusto per citare alcuni titoli della sua produzione letteraria; per queste pagine ha scritto il pezzo Ritorno alla specie (a proposito di un cantautore), ha collaborato con Oliviero Malaspina e Cristiano De André. Conosce l’importanza del saper guardare da prospettive diverse, dell’ascoltare la musica che fa il mare e dello scavare sotto la superficie delle cose, tant’è che ipotizza possano essere stronzi coloro che, nella notte di San Lorenzo, godono nel vedere le stelle cadere.
Non credo, con questa canzone, di aver restituito nemmeno una briciola di bellezza alla memoria di Maria Lai. Per quanto poco un cantautore possa fare, mi sono impegnato a imbastire le parole sulla musica. Gli arrangiamenti, i musicisti, le casse armoniche, le pelli, le corde, gli archi, i sonagli, i plettri, i legni, i campanacci, i mantici, i suoni, hanno fatto il resto.

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