LIBERI E DISALLINEATI
“Bombe e fiori” non parla né della strage di Piazza Fontana né di Giuseppe Pinelli: le due vicende, come racconta Claudia Pinelli, sono nettamente separate. La canzone parla della strategia della tensione messa in scena dal potere per stringere intorno a sé il popolo, dopo averlo terrorizzato.
In quegli anni, detti di piombo, un disegno politico armato puntava alla destabilizzazione per la creazione di nuovi equilibri o per ricostituire quelli vecchi.
Quindi, la strategia della tensione mirava a far giustificare al popolo svolte politiche di stampo autoritario, legittimandole in quanto necessarie.
Spesso, capro espiatorio di tutta quella lucida confusione fu il movimento anarchico. «Gli anarchici li han sempre bastonati», come cantava Guccini, d’altra parte il movimento, fin dalla nascita all’inizio dell’Ottocento, è sempre stato accusato di qualsiasi attentato o disordine, perseguitato dai tempi di Sacco e Vanzetti.
Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico volato giù dal quarto piano della Questura di Milano la notte fra il 15 e il 16 dicembre del 1969, fu la diciottesima vittima della Strage di Stato di Piazza Fontana. Pochi giorni prima, l’esplosione nella Banca Nazionale dell’Agricoltura lasciò a terra diciassette persone e ne ferì ottantotto, portò innocenti anarchici in carcere con accuse infamanti, fra questi Pietro Valpreda. Se la bomba avesse potuto parlare, avrebbe detto che il suo ordine era di ferire la nostra libertà, di terrorizzarci e che fu un atto terroristico organizzato da cellule di estrema destra (Ordine Nuovo), neofascisti, con la complicità di esponenti delle istituzioni. Menzogne e depistaggi hanno fatto il resto, arrivando dove la bomba non era riuscita.
Una sera di febbraio di qualche anno fa, ho avuto il piacere di cantare alcune canzoni al Festival Buon compleanno Faber. Prima di imbracciare la chitarra mi ha fatto piacere rivedere alcune facce conosciute e conoscerne di nuove, bere un bicchiere e chiacchierare con la regista del documentario di una rivoluzione mai avvenuta e dimenticata dalla storiografia ufficiale, la storia della Banda del Matese, applicazione della propaganda teorizzata da Errico Malatesta e Carlo Cafiero, storia della quale sapevo pochissimo.
Poi, è stata per me l’occasione di cantare “Bombe e fiori” davanti a una sala gremita e a Claudia Pinelli, figlia del ferroviere anarchico, e di ricevere i suoi complimenti.
È pur sempre una canzone che, oltretutto, scrissi in giovane età, ma fin da allora mi era chiarissimo che la strage di Piazza Fontana non c’entrasse niente con Pino Pinelli, o meglio, che Pinelli era del tutto estraneo a quella vicenda. La prima stesura risale al 1997, circa trent’anni dopo i fatti di cui parlava, avvenuti qualche anno prima che venissi al mondo. Lessi la vicenda nelle pagine di A-rivista anarchica, quando cominciai a interessarmi del mondo dei libertari, simpatizzando con quegli uomini e donne liberi e disallineati.
Un anarchico sconsolato volò dalla finestra
dal quarto piano della questura di Milano
senza che nessuno riuscisse a impedirlo
un servitore dello Stato, un malore attivo
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