IL CRITICO E IL CANTAUTORE
La canzone d’autore è un componimento sintetico dotato di testo e musica che ha un’autenticità e una decorosa forma poetica. (Enrico de Angelis)
Un po’ di storia riguardante la canzone d’autore ritengo di conoscerla.
Spesso ricorre il nome di un giornalista e critico musicale veronese: Enrico de Angelis. Basta cercare sul web per scoprire la sua fervente attività: oltre che giornalista e critico musicale ha scritto e curato numerosi libri e collane sull’argomento, direttore artistico di rassegne musicali, conferenziere, radio, televisione, etc.; membro fin dalla fondazione, nel 1972, del Club Tenco, ne è stato responsabile artistico dal ‘95 al 2014 e direttore artistico delle Rassegne del 2015 e 2016.
Proprio l’espressione canzone d’autore fu egli a coniarla. Si narra che il 13 dicembre del 1969 fu attestato l’uso di quell’espressione per bocca (o penna) proprio di de Angelis, allora giovane cronista, oggi ostinata sentinella, divulgatore e protettore dei cantautori. Nel ’64, nella prefazione al libro Le canzoni della cattiva coscienza. La musica leggera in Italia (Bompiani), Umberto Eco propose l’espressione canzoni diverse, ma fu Enrico de Angelis a battezzare quel modo di scrivere, comporre e cantare.
Oggi si osserva la presenza di persone, pseudo complottiste, che sentenziano che la canzone d’autore sia morta; altre, come cinquant’anni fa, continuano a non riconoscerla; ci sono inoltre i negazionisti — come ogni volta che si parla di storia — e altre ancora che definiscono cantautore non tanto chi fa canzone d’autore, bensì chi scrive i propri testi e musiche (condizione necessaria ma non sufficiente). Dal mio piccolo osservatorio credo che se convenzionalmente rifiutassimo il termine canzone d’autore, il discriminante potrebbe essere individuato solo nel genere musicale, ma qui non esiste un vero e proprio genere; così, se scartassimo la definizione di canzone d’autore, di cui i cantautori sono i rappresentanti, rischieremmo di mettere sullo stesso piano, rime a parte, Cremonini e Guccini.
Ieri pomeriggio ho ricevuto un messaggio: «Sono Enrico de Angelis, già Club Tenco, ricordi? Sto preparando con una cantante della mia città, Verona, una serata sulle belle traduzioni di canzoni di tutto il mondo, e fra le tante traduzioni da Leonard Cohen abbiamo scelto la tua “Chi col fuoco”… Spero ti faccia piacere, giusto? Avresti la possibilità di mandarmi il testo? Altrimenti lo tiriamo giù dalla registrazione che mi mandasti a suo tempo…».
L’ho ringraziato e indirizzato alla canzone pubblicata sul mio canale YouTube, facendogli il discorso canzoni tradotte-canzoni tradite, ma scordando che de Angelis è uno dei massimi esperti in materia: quando si traduce bisogna saper rinunciare a un po’ di fedeltà per la buona riuscita – in termini di cantabilità e quindi di ascoltabilità – della nuova canzone, senza però snaturare l’originale… Gli ho scritto che nella mia versione del 2018, rispetto a quella del 2015 (inserita in una compilation dedicata al cantautore canadese e prodotta a San Pietroburgo), mi sono permesso di aggiungere un’intera strofa, sperando che qualcuno non ritenga ciò un’ingiuria…
– Scusa, siccome non ho ancora fatto un confronto dettagliato con l’originale, intendi una strofa tua che non c’è nell’originale o una strofa di Cohen che non avevi tradotto nella versione precedente? E qual è?
– Parte della penultima strofa è ‘farina’ del mio sacco…
– Buono a sapersi, farò il confronto.
– “E chi dalla vetta, chi nei bassifondi / chi dietro le sbarre, chi davanti al futuro / chi alla stazione, chi dal proprio Credo / chi mangiato dal mare, chi ai piedi di un muro / e chi dirò che sta chiamando”.
– Questi versi che mi hai trascritto sono tutti tuoi?
– A parte l’ultimo sì, ma tieni conto che è una traduzione-adattamento, come insegnò De André…
– Sì sì, non mi scandalizzo… Basta saperlo. (Al Tenco facemmo un’intera Rassegna sulle traduzioni, con annesso convegno e libro… conosco la problematica).
– La tua fama ti precede… D’ora in avanti potrai dire che i cantautori di nicchia (emergenti, immergenti e galleggianti) sopravvivono di piccoli ma devastanti, dal punto di vista delle emozioni, riconoscimenti, come appunto questa tua bella richiesta. Non ti tedio oltre e ti saluto.
Ora, mentre annoto questa conversazione e rileggo la mia traduzione-adattamento di “Who by Fire”, osservo che anche il verso “e chi sopra una mina, chi sotto una stella” è farina del mio sacco, ma evito di raccontarlo a de Angelis. Anzi no, glielo scrivo via mail.
***
Poi, qualche mese dopo, una nuova conversazione con Enrico de Angelis nasce da un mio post, nonostante abbia detto e ridetto a me stesso di non parlare più sull’argomento e tanto meno in piazza:
Dalle lapidarie sentenze dei critici musicali, si deduce che quasi tutti i cantanti siano cantautori: chi le scrive e le canta può dirsi cantautore. Uno, dal suo piedistallo, ha precisato che basta anche comporre la sola musica, fregandosene del testo (il nocciolo della canzone d’autore). La canzone d’autore, come venne battezzata da Enrico de Angelis alla fine degli anni ’60, non è morta, ma non sta nemmeno benissimo. Quella che oggi gli esperti chiamano “Nuova canzone d’autore”, per la stragrande maggioranza non c’entra quasi nulla col filone originario. Uno di loro — dei critici di cui dico — ha affermato, lapalissiano, che tutte le canzoni hanno un autore per il solo fatto che qualcuno le scrive (testo e/o musica) e quindi chi le canta è un cantautore. Mi sono arreso. Vale il detto «Viva la musica che ti va».
– Caro Nicola, sai da quanti decenni vanno avanti, sempre uguali, queste dissertazioni, comprese quelle “lapalissiane”? Io è da tempo che mi sono arreso. (EdA)
– Il bello è che la tua resa, nei fatti, significa seguire la tua strada senza perdere tempo con le mediazioni e le opinioni di tutti i presunti esperti di quel genere musicale che genere non è. (NP)
– Mi permetto dal mio piccolo punto di vista: chi scrive testi e musica può definirsi cantautore ma non è detto che faccia Canzone d’Autore. Potrebbe essere tutta qui la differenza? Un saluto a tutti e in particolare al caro amico Enrico. (I.R.)
– Nel mio piccolissimo ritengo sia corretto chiamare cantautore solo chi fa canzone d’autore. Per gli altri che scrivono compongono e cantano le loro canzoni ci sono altri strumenti tassonomici di classificazione: rocker, bluesman, popstar, cantante di musica leggera, traper, ecc. ecc. Quindi il punto è saper riconoscere cosa sia canzone d’autore… (NP)
– Cantautore è un termine tecnico e indica chi scrive le canzoni che canta o canta le canzoni che scrive… tutti, indipendentemente dalla qualità (che poi nell’uso abbia finito per qualificare – semplifico – “quelli bravi”, è un altro discorso; trattandosi di uso bisogna prenderne atto, magari prendendosi la briga di precisarlo di volta in volta, ma è una impossibile mission). “Canzone d’autore”, invece, comporta una valutazione (soggettiva, certo; e a posteriori… non è che uno può dire “io faccio canzone d’autore”, come spesso accade… prima scrivila la canzone, poi te lo diciamo noi se è roba d’autore, una valutazione, dicevo, di qualità e, insieme alla qualità finale, anche di intenzione. Però adesso non arrabbiatevi se non proseguo… Vi voglio bene a tutti e due. (EdA)
Dalla mia piccola torre d’avorio, metto i paletti: per me “canzone d’autore” è quella roba lì. Dovrei convertirmi alla definizione di Marco Spiccio e chiamarla “canzone d’arte”, definizione un po’ meno ambigua.
Cantautori: contrariamente a quanto sostiene Enrico De Angelis, li connoterei esclusivamente con coloro che fanno (scrivono e cantano) canzone d’autore o d’arte che sia. Scavando nella storia, si deve alla milanese Maria Monticelli detta Monti, classe ’35, il termine “cantautore”, ma era più che altro un gioco di parole spiritoso per designare chi scriveva e cantava le proprie canzoni o chi cantava le canzoni che scriveva. Io ritengo che vada combinato con la canzone d’autore, giusto per non accostare Guccini a Malgioglio o a Sfera Ebbasta, ma in fondo sono solo convenzioni.
Con riferimento a una conversazione fra de Angelis e Alessio Lega, ribadisco che se la canzone d’autore non fosse caratterizzata dalla poetica dell’autore, ma dalla strategia pianificata, per così dire dalla politica del cantante, allora la chiameremmo canzone di cantante e business spa.
Comunque, d’ora in avanti eviterò scrupolosamente di parlare dell’argomento.
«Viva la musica che ti va».
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