IL MIO RAPPORTO CON I LIVE
Il passaggio dai Lesbicah Hiroshima ai Suoni e Rumori Popolari fu abbastanza traumatico e destabilizzante, nonostante le due formazioni si svilupparono con una certa continuità. Certo, con i Lesbicah Hiroshima mi vestivo con un paio di anfibi militari usati, come sbeffeggiamento alle armi, e un cappellino in pelle con le borchie sopra i capelli lunghi, mentre con i Suoni e Rumori Popolari rimasero solo i capelli lunghi raccolti in una coda e i buchi degli orecchini.
Invece, il mutamento successivo, dal progetto SRP al presentarmi semplicemente come cantautore con nome e cognome, fu ampiamente naturale, anche perché occultato dietro quell’acronimo c’era già lo scrittore di canzoni, e buona parte del repertorio era costituita appunto dai suoi pezzi inediti. Tuttavia, l’attività live dei Suoni e Rumori Popolari terminò bruscamente quando il mio sguardo si soffermò su un tizio, seduto al tavolo davanti al palco, che prese ad addentare con foga una pizza quattro stagioni, proprio nel momento in cui cantavo di una locomotiva che sibilava vapore e sembrava quasi cosa viva. Quell’immagine, al di là della pizza, mi sbatté in faccia l’inadeguatezza degli spazi dove poter proporre canzone d’autore. Sia chiaro, è normalissimo che in pizzeria ci si vada per mangiare la pizza, bere una birra e trascorrere una serata in compagnia di amici; non è invece scontato che debba esserci musica dal vivo, tanto meno un cantautore. Oltretutto, ci sarebbe da fare anche un ragionamento sull’educazione di quanti frequentino locali in cui si propone musica dal vivo, ma non per ascoltare i musicisti, bensì per chiacchierare senza soluzione di continuità, spesso con volume tale da sovrastare quello delle casse acustiche.
Fatto sta, che smisi di esibirmi per quasi quindici anni, ma continuavo a scrivere, nonostante il mio tempo fosse interamente dedicato a Emergency. Mai mi venne in mente di sfruttare l’immagine dell’associazione per pubblicizzare la mia musica, anche se potevo disporre di diversi contatti; anzi, tendevo a nascondere la mia attività artistica.
Quando nei primi di settembre del 2009 scrissi “Fratelli”, canzone dedicata alla compianta Teresa Sarti, tenni la notizia quasi segreta fra i colleghi dell’associazione e vergognandomi un poco.
Ma, tornando ai primi concerti, quelli nei locali, ho provato a fermare alcuni fotogrammi in una canzone, di cui riporto qualche verso spaiato:
Nel fumo a zaffate
che impregnava il locale
un’oliva a galla nel gin
né retorica o tristezza
legati alla cavezza
del buio in bilico della notte
Tutti quei volti offuscati
nella testa e nel cuore
folla di persone
compassione o stupore
Lo accompagnavo a casa
barcollante più di me
per la tromba delle scale
nella toppa della chiave
non riusciva a infilare
rammarico e sberle
di uno scrittore di canzoni
e pagine di frustrazioni
Tuttora continuo a scrivere e a pubblicare canzoni, suono raramente dal vivo ma non eseguo mai “La locomotiva”, prediligo gli house concert ed evito con caparbietà pizzerie, spaghetterie, bisteccherie, paninoteche, centri commerciali, sexy shop, locali per adulti, feste di chiusura delle campagne elettorali, sagre della salsiccia o della fregola sarda, motoraduni, concorsi musicali, gelaterie, chioschi in spiaggia, feste di matrimonio, bar e pub.
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